Il gattopardo

30.04.2013 11:22

 

Potevo non segnalare uno dei classici della letteratura e del cinema italiano? Uno dei migliori, a mio giudizio, esempi di trasposizione di testo letterario?

La risposta è decisamente no. Il Gattopardo, romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la cui stesura è terminata nel 1957, diventa un film nel 1963 grazie a Luchino Visconti, regista d'altri tempi e senza tempo, un po' come la storia che racconta e l'autore stesso. La storia di un principe narrata da un vero principe, che si presta a una lettura contemporanea. 

Nell'assolata Sicilia che assite al tramonto dell'era borbonica, il principe Fabrizio Salina, guarda con discanto e malinconia al futuro che aspetta la sua terra. I garibaldini sono sbarcati sull'isola, e tra questi anche suo nipote, l'entusiasta Tancredi. Il personaggio di Fabrizio è un gigante e, come un gigante lo interpeta Burt Lancaster, la cui fisionomia, il portamento, persino la barba, sembrano quelli di un uomo appartenuto a quel tempo. Siamo nel 1860 e per l'Italia tutto sta per cambiare, anche il mondo secolare a cui appartiene don Fabrizio, che alla proposta di diventare senatore del regno poi declinata, così risponde: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi....E dopo sarà diverso, ma peggiore." , condensato di fatalismo di un'attualità oggi sconcertante. Attraverso gli occhi dell'anziano Fabrizio si specchia la realtà siciliana: la nobiltà è destinata presto a decadere a tutto vantaggio della borghesia, eppure egli sa che il mutamento è necessario e inevitabile.

Nella pellicola di Visconti il cast è eccellente: la bella Angelica Sedara, promessa sposa di Tancredi e figlia del notabile del paese, è interpretata da Claudia Cardinale (indimenticabile l'abito bianco del ballo); Tancredi è un giovanissimo Alain Delon, perfetto nel suo ruolo, come perfetti sono gli scorci scenografici della valle agrigentina, una quinta scenica senza paragoni, o i palazzi settecenteschi che ospitano i Salina, le sale da ballo, di un gusto e una ricchezza che già sono d'altri tempi. Nei panni di Calogero Sedara, uno dei nuovi ricchi, borghese scaltro ma senza cultura, c'è il bravo Paolo Stoppa, a suo agio negli scomodi panni eleganti del signore arricchito, con Angelica al braccio e l'occhio lungo per gli affari. La storia di una famiglia durante la breve stagione estiva, diventa la storia di un passaggio storico epocale: la nascita dell'Italia come nazione, la monarchia sabauda che succede ai borboni, la borghesia rampante che spodesta la nobiltà secolare.

Le tre ore di film scorrono lente, ma è la necessaria lentezza di quel clima, di quella terra, il tempo delle riflessioni di Don Fabrizio. Se non l'avete ancora visto, non potete perderlo.