Educazione siberiana

16.04.2013 11:33

 

Gabriele Salvatores, uno dei registi italiani più premiati, dirige il film tratto dal romanzo autobiografico dello scrittore russo Nicolai Lilin, proponendoci uno sguardo feroce su uno spaccato di società spesso sconosciuta. La stessa dura sincerità del romanzo si riflette nella pellicola, interpretata da giovani attori russi quali Arnas Fedaracivius e Vilius Tumalavicius, e dal veterano John Malkovic. Uscito nelle sale a febbraio di quest'anno.

Siamo in Siberia, in un arco temporale che va dal 1985 al 1995, è in questa terra ostile dall’inverno perenne che avviene l’educazione del giovane Kolima, nipote del capo clan degli Urka siberiani, Kuzya, interpretato dal trasformista Malkovic. Veniamo traghettati all’interno di una comunità chiusa, marginale, esiliata in Siberia insieme ad altri gruppi criminali, per volontà del regime comunista. Qui Kolima apprende le regole della vita, della morte, dell’onore, Kuzya si definisce con un ossimoro un ‘criminale onesto’, con una sua dirittura morale e una forte ispirazione religiosa, segue un decalogo ferreo, che vieta qualunque contatto con le droghe e la presenza di denaro entro le mura di casa, che ritiene lecito derubare poliziotti, militari, usurai e funzionari di stato. Ma il codice prescrive anche la difesa dei più deboli, la salvaguardia dei valori e della famiglia, una violenza disciplinata, che si impara a direzionare contro obiettivi precisi. Una medaglia con un suo dritto e un suo rovescio, luce e ombra di un popolo abituato a sopravvivere in condizioni avverse, ora strangolato dal consumismo e dalla globalizzazione. Incontriamo eroi negativi come Gagarin, amico fraterno di Kolima costretto ad assaggiare troppo presto la ferocia della prigione, per poi uscirne e trovare un mondo cambiato in cui non c’è più posto per lui, se non come servo del denaro. Il film ci racconta anche l’amicizia tra quattro ragazzi, temperamenti diversi ma stesse regole, un proteggersi a vicenda che li aiuta a crescere in un ambiente avaro di stimoli, dove sembra che la televisione coi suoi modelli artefatti e la sua atmosfera patinata non abbia mai fatto capolino.

I protagonisti sono spietati, non esitano a menare fendenti e tagliare gole, ma riescono nonostante tutto a conservare una loro purezza d’animo, è il caso di Kolima, innamorato senza speranze della giovane Xenia, eternamente bambina a causa del suo handicap. Xenia suscita in lui un forte desiderio di protezione, un affetto rimasto sopito che può finalmente rompere gli argini. Lei è fragile come le colombe che Kuzya alleva in cortile, è tra coloro che chiamano ‘voluti da Dio’, intoccabile. I principi inculcati a Kolima da suo nonno si scontrano con la realtà che cambia, ci fanno a pugni, caduto il muro e il regime sovietico si apre una nuova era, un’altra guerra, quella sporca contro i Ceceni, e quella tutta personale contro l’amico di un tempo.

Educazione siberiana è una pellicola ruvida, spigolosa, che ti accarezza la pelle come carta vetrata, mostrando luoghi e situazioni ritenuti marginali solo perché all’ombra dei riflettori. Come si cresce all’interno di una comunità criminale? Con delle regole ferree, con un codice etico e una morale che non corrispondono a quelle che la società, quella che si ritiene la ‘buona società’, ci insegna. È una storia di formazione, di vendetta, d’onore, quasi mitologica per gli archetipi che mette in scena. Inevitabili e forse inutili i paralleli con le Mafie nostrane, io ci leggo un qualche rimando a C’era una volta in America di Sergio Leone, ma con meno poesia. Intanto eccovi un assaggio nel trailer https://www.youtube.com/watch?v=GPF45uTVLQ4

Il cast è composto di attori giovani e sconosciuti al pubblico italiano, con un talento e una profondità che la regia di Salvatores esalta, la macchina da presa li sfiora precisa come la lama di un rasoio, e mette in evidenza luci e ombre della loro personalità. Il giudizio alla fine resta sospeso, etichettare i protagonisti come buoni o cattivi sarebbe troppo facile, ciò che resta sul fondo del bicchiere appena bevuta l’ultima goccia, è un sapore amaro, e tante domande.